Le figure metriche in poesia: gli esempi e come riconoscerle

Una guida alle quattro figure metriche: cosa sono e a cosa servono.
Una pagina ingiallita del Purgatorio di Dante

Nell’analizzare un testo poetico, ci sono molte cose da tenere a mente: per esempio che tipo di componimento è (è un sonetto? o un’ode? o un madrigale), quali versi vengono utilizzati (endecasillabo o novenario?), in quanti versi è divisa la strofa ecc. Una volta che si è analizzata la struttura e si è fatta la parafrasi del testo, è ora di passare agli aspetti più tecnici, cioè le figure retoriche (come ad esempio l’anafora, il poliptoto e l’allitterazione) e le figure metriche. In questo articolo vedremo quali sono le figure metriche, a cosa servono e come si riconoscono.

La differenza tra le figure retoriche e le figure metriche

Ma qual è la differenza tra le figure retoriche e le figure metriche? Le figure retoriche sono degli artifici che vengono utilizzati per deviare dal linguaggio comune per provocare un certo effetto. Le figure metriche, invece, vengono utilizzate dai poeti affinché il numero di sillabe corrisponda a quello desiderato. Una poesia in endecasillabi, per esempio, dovrebbe esclusivamente avere versi di 11 sillabe. Per vari motivi, a volte questo non è possibile: è qui che intervengono le figure metriche.

Se le figure retoriche hanno a che fare con il senso delle parole, con il loro suono e con la loro struttura, le figure metriche hanno invece a che fare con la struttura del verso. La metrica, infatti, è la struttura ritmica di un componimento poetico e il ritmo di una poesia è dato dagli accenti e da come sono distribuiti all’interno del verso.

Guida alle figure metriche

Le figure metriche sono 4: sineresi, dieresi, sinalefe e dialefe. La sineresi e la dieresi vengono utilizzate sulle sillabe all’interno della stessa parola, mentre la sinalefe e la dialefe agiscono su sillabe tra due parole contigue.

Sineresi (con esempi)

Nella sineresi, due sillabe appartenenti alla stessa parola vengono conteggiate come una sola. Viene spesso utilizzata per i pronomi possessivi, come “mio”, “tuo”, “suo”. Nella divisione standard in sillabe, queste parole avrebbero due sillabe, ma tramite sineresi se ne conta solo una.

Esempio:

  • su la tua pietra o fratello mio, gemendo (Foscolo)

In questo caso, “tua” e “mio” sono formate da una sola sillaba.

Un altro modo di utilizzare la sineresi, è levare una consonante, per esempio quando “dicevano” diventa “diceano”. In questo caso, una parola che normalmente avrebbe quattro sillabe (di – ce – va – no) diventa una parola di tre sillabe (di – cea – no).

Dieresi (con esempi)

La dieresi è la figura metrica opposta alla sineresi. Infatti, tramite dieresi, le vocali che formano un dittongo (e che quindi formano una sola sillaba) vengono pronunciate come se fossero due sillabe distinte. In questo caso, la pronuncia delle due vocali deve essere prolungata.

Esempio:

  • A te convien tenere altro vïaggio (Dante)

Come potete notare, la dieresi si riproduce graficamente con due puntini sulla vocale. La dieresi non viene normalmente utilizzata in italiano, ma solo se è necessario indicare che le vocali interessate vanno pronunciate in maniera diversa da quella canonica.

Sinalefe (con esempi)

La sinalefe avviene tra due parole contigue in cui la prima finisce per vocale e la seconda inizia per vocale. In tal caso, le due vocali (che solitamente non formano un dittongo e dovrebbero quindi essere parte di due sillabe diverse) vengono conteggiate come una sola sillaba.

Esempio:

  • mi ritrovai per una selva oscura (Dante)

In questo celeberrimo passaggio dell’Inferno, vi potrebbe sembrare che ci siano dodici sillabe, se contaste con il metodo standard. Ma la Divina Commedia è scritta tutta in endecasillabi, giusto? Ecco come si risolve l’enigma: tramite sinalefe, la “o” di “oscura” va pronunciata assieme a “va” di selva. Così facendo, il verso ha 11 sillabe.

Dialefe (con esempi)

La dialefe è il fenomeno opposto alla sinalefe: riguarda due parole vicine, una che finisce per vocale e l’altra che inizia per vocale e in questo caso, due sillabe grammaticali diventano una sola sillaba metrica.

Esempio:

  • Un mazzolin di rose e di viole (Leopardi)

In questo verso del “Sabato del villaggio” contiamo dieci sillabe, ma tramite la dialefe, le due “e” contigue di “rose” e “e”, vengono conteggiate come due sillabe separate. Così facendo, quello che sarebbe un verso di dieci sillabe diventa un endecasillabo, così come tutti gli altri versi di questa poesia.

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