Lo spagnolo che somiglia all’italiano del sud

Pur non essendo così immediato come può sembrare, è innegabile che lo spagnolo assomigli molto alla nostra lingua. Alcune espressioni castigliane però, differiscono dall’italiano, ma non dall’italiano del sud.

Ilustrazioni di Guilherme Maueler

Italiano e spagnolo si assomigliano. Con ogni probabilità, dopo questa constatazione, ogni studente dello Stivale impegnato nell’apprendimento della principale lingua iberica si sentirà in dovere di precisare che ci sono comunque una serie di regole e diversi “falsi amici” che possono trarre in inganno (qui trovate i più divertenti raccontati da una hispanohablante che è stata in Erasmus in Italia).

Essendo due lingue diverse infatti, è normale che italiano e spagnolo non condividano svariate strutture sintattiche e moltissimi vocaboli.

È curioso, però, come alcune espressioni spagnole che differiscono dall’italiano standard, coincidano invece con l’italiano parlato nelle regioni del Sud.

Le ragioni di questa influenza risalgono a oltre seicento anni fa. Gli spagnoli, infatti, dominavano il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna già dal XIV secolo. Poi, nel 1503, divennero sovrani del Regno di Napoli e nel 1559, con la pace di Cateau-Cambrésis, in Italia venne riconosciuta una vera e propria egemonia spagnola, che durò fino al 1713, anno del Trattato di Utrecht.

Questi secoli di dominazione ebbero inevitabilmente una notevole influenza in ambito economico (gli spagnoli imposero altissime tasse alla popolazione, che insorse a Napoli, Salerno e Palermo), ma anche dal punto di vista sociale, artistico e filosofico (alcune delle personalità più celebri che vissero in quest’epoca furono i napoletani Gianlorenzo Bernini e Giordano Bruno).

Va da sé che il dominio spagnolo lasciò considerevoli tracce anche nella lingua. Vediamo insieme le principali:

“Ir” e “tener”

Il corrispettivo spagnolo dell’italiano “andare” è “ir” (e non “andar”, che ha un significato più specifico e vuol dire “andare a piedi”).

Il verbo italiano “avere” invece, si traduce in spagnolo con “tener” (dagli studenti alle prime armi spesso confuso con “haber”, che esiste, ma si usa solo come ausiliare o, in alcuni casi, per tradurre “c’è”/”ci sono”).

Nell’Italia meridionale però, è piuttosto comune sentire gente che poiché “tiene” famiglia, deve “ire” a lavorare, o meglio… a “travagghiare”, che in spagnolo è “trabajar”. Esistono anche i verbi “laborar” e “labrar”, ma sono molto meno usati e perlopiù con l’intento di indicare lavori di grande importanza morale o particolarmente faticosi (ad esempio, il nostro “battersi per la giustizia”, in spagnolo è “laborar por la justicia”, mentre “lavorare la terra” si dice “labrar la tierra”).

L’accusativo preposizionale

L’accusativo preposizionale è una costruzione tipica dell’italiano meridionale, e prevedere l’inserimento della preposizione “a” dopo i verbi transitivi, se il complemento oggetto indicato è una persona.

Prendiamo ad esempio due verbi molto comuni: “chiamare” e “vedere”. Troviamo accusativi preposizionali in frasi come “chiamare a Carmen” o “vedere a tuo fratello”.

Si tratta di frasi indubbiamente scorrette in italiano, ma sapevate che in spagnolo, invece, è obbligatorio costruirle proprio in questo modo?

Diremo quindi “llamar a Carmen” e “ver a tu hermano”.

Il problema non si pone invece se il complemento oggetto è inanimato; in tal caso, non è mai preceduto dalla “a”, né in italiano standard, né in italiano meridionale, né in spagnolo. Per utilizzare gli stessi verbi di prima infatti, così come in italiano si dice “chiamare un taxi” e “vedere la tele”, in spagnolo si dice “llamar un taxi” e “ver la tele”.

“Nosotros” e “vosotros”

I pronomi personali si imparano entro la prima ora di studio di qualsiasi lingua. In questo lo spagnolo non è un’eccezione e mi sembra quasi di vedervi mentre ripetete a memoria (magari insieme a un bel verbo al presente) yo, tú, él/ella/usted, nosotros/nosotras, vosostros/vosotras, ellos/ellas/ustedes.

Generalmente all’inizio è necessario familiarizzare un po’ con questi strani usted e ustedes, ovvero gli appellativi di cortesia della lingua spagnola.

Credo invece che non tutti si saranno soffermati sui pronomi nosotros e vosotros, nient’altro che l’unione di nos e vos con otros (che in italiano significa “altri”).

Curioso come nelle regioni del sud sia abitudine dire proprio “noialtri” e “voialtri”, vero?

“Un poco”

In italiano questa espressione è ormai stata soppiantata dalla forma tronca “un po'”, ma aspettatevi di sentire “un poco” se andrete nel sud dell’Italia… o in Spagna!

Il lessico

Sono infine numerosi i casi di lessico molto più vicino all’italiano meridionale che non all’italiano standard. Ecco alcuni esempi: “arena” (in dialetto “rena”, in italiano “sabbia”), “malo/a” (in dialetto “malo/a”, in italiano “cattivo/a”), “anchoa” (in dialetto “anciova”, in italiano “acciuga”), “carnicería” (in dialetto “carnizzeria”, in italiano “macelleria”), “farfante” (in dialetto “farfanti”, in italiano “bugiardo”), “toalla” (in dialetto “tovaglia”, in italiano “asciugamano”).

Ecco quindi le affinità tra lo spagnolo e la lingua del Mezzogiorno. Molti definiscono Italia e Spagna due Paesi “fratelli” o “cugini” e noi, non possiamo che confermare, alla luce del modo in cui le loro storie si intrecciano, le loro lingue si assomigliano e i loro popoli simpatizzano l’uno per l’altro.

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