Quando parla la TV: gli slogan pubblicitari nella cultura popolare

Certi slogan pubblicitari vivono impressi nella nostra testa come un numero di telefono, un indirizzo o il verso di una poesia. Eccone qualcuno tra quelli che più hanno influenzato la cultura popolare.
Slogan pubblicitari entrati nel linguaggio comune

Quanto si potrebbe dire del linguaggio pubblicitario, dei suoi codici, di quel sistema di segni, significati, messaggi persuasivi, spesso velati e non espressamente inviati o inconsapevolmente ricevuti, che fingono di esserci amici, di conoscerci, di sapere cosa siamo, cosa vorremmo essere, cosa ancora non sappiamo di desiderare!

Non a caso, slogan, pay-off, spot pubblicitari attingono a piene mani dalla migliore tradizione retorica, dai suoi strumenti, dalle sue figure. Così, a suon di estenuanti ripetizioni (soprattutto televisive) riescono ad entrarci in testa e a fissarsi nella memoria, un po’ come le poesie che si imparavano a scuola.

Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro… “Qualità senza risparmio o risparmio senza qualità?”. La nebbia agli irti colli piovigginando sale… “Quell’antico vaso andava portato in salvo… Sembrava impossibile, ma ce l’avevamo fatta”. Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude… “Notti chiare, giorni belli, filtrofiore Bonomelli”.

L’elenco potrebbe continuare, con slogan che ognuno di noi – se non troppo giovane – sarebbe in grado di riconoscere, tante sono le volte che ci hanno trapanato le orecchie, o tante sono le volte che sono state parodiate.

“Bianco che più bianco non si può”, “Ava come lava!”, “No Martini no party”, “Fate l’amore con il sapore”, “Cavallo goloso!”, “Amaro Montenegro, sapore vero“, Se non ti lecchi le dita godi solo a metà”. O Messner e il suo accento che chiosa “Altissima. Purissima. Levissima.”, il crodino che è “l’analcolico biondo”, il tè Lipton che è “Fenomenale!” quando “a Chattanooga, Tennessee il sole ti spacca in quattro” (solo con la voce di Dan Peterson però). O “La potenza è nulla senza il controllo”.
E ancora, i format a domanda cui potremmo rispondere al volo, come “Svizzero? No. Novi”, o “Nuovo? No. Lavato con Perlana” e il celeberrimo “C’è Gigi? E la cremeria?”

Sono tutte espressioni terribilmente familiari che conosciamo e sapremmo completare in una parte mancante, come faremmo con il nostro indirizzo di casa. Ci sono invece dei payoff (le “frasi di chiusura”) che sono diventati talmente celebri da essere significanti di un brand, subito evocato seppur non menzionato: “I’m lovin’ it!”,“Just do it”, “What else?”, “Think different”. Individuati, vero?

Nel linguaggio comune

Quando slogan o semplici citazioni da spot televisivi entrano nel modo di esprimersi comune. Vi sarà capitato di utilizzare almeno una volta, almeno una di queste espressioni, o di averle sentite fuori dal contesto originario:

  •  Il “leggero languorino”
    Ci pensa Ambrogio, nello spot Ferrero:
  •  “Cosa vuoi di più dalla vita?”
    Un Lucano, chiaramente. Qui, l’azienda gioca proprio con la celebrità del proprio slogan:
  •  “Ti piace vincere facile?”
    Più attuale e molto diffusa, era partita da qui:
  • “Meditate gente, meditate!”
    Renzo Arbore per i Produttori Italiani Birra:
  • “Provare per credere”
    Celebre slogan di Aiazzone, produttore di Mobili.
  • “Sono fatti miei”
    Raz Degan al testosterone per Jagermeister.

Intramontabili

Tre in particolare, sempreverdi, seppur non più in circolazione (ahinoi) ma che ormai hanno fatto storia. Una per tenacia e coerenza (sempre la stessa per decenni); la seconda per una battuta tra le più enigmatiche della pubblicità televisiva; la terza, beh, perché è storica.

  • “Quante cose al mondo puoi fare? Costruire, inventare… Ma lascia un minuto per me”
    Quella della cedrata Tassoni è la pubblicità.
  • “Thè Infrè. È buono qui, è buono qui”
    Sempre una grande emozione, la passione, la forza della lucidità:
  • “Non ci vuole un pennello grande, ma un grande pennello!”
    Il surrealismo del cinghiale:

D’autore

Poi ci sono le pubblicità che portano firme illustri, mica semplici trovate di un qualsiasi copywriter. Eccone due:

  • “Questa Milano da vivere, sognare, godere. Questa Milano da bere”
    L’amaro Ramazzotti, con lo slogan di Marco Mignani. Prima di Craxi, Berlusconi, Tangentopoli.   
  • “Il cane a sei zampe, migliore amico dell’uomo a quattro ruote”
    Il genio di Ettore Scola, in prestito al mondo della pubblicità. In questo caso, dell’ENI. Qui lo slogan è citato da Vittorio Gassman nel film Il Sorpasso del 1962 (di cui Scola fu co-sceneggiatore).

 

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