Gli eufemismi sulla morte, ossia come dire una cosa senza dirla

Un argomento di cui non parliamo volentieri.
Foto di candele votive

La morte: una delle due certezze della vita, oltre alle tasse, almeno così diceva Benjamin Franklin (beh, forse). È uno di quegli argomenti che chiunque, o quasi, preferisce evitare, un po’ per via del vecchio pregiudizio che è meglio non evocare qualcosa che non si desidera, un po’ perché oggettivamente non si tratta dell’argomento più allegro che ci sia. Per questo motivo, tutte le lingue, italiano compreso, si sono inventate degli eufemismi sulla morte, cioè dei modi per parlare della morte senza menzionarla esplicitamente.

Eufemismi sulla morte

È uno degli argomenti tabù per eccellenza, ed è per questo che la nostra lingua è così ricca di espressioni e modi di dire sulla morte. A volte, questa ritrosia nel nominare la morte provoca delle locuzioni quasi ridicole, ma tant’è: l’italiano non è certo solo.

Uno degli ambiti in cui queste espressioni trovano terreno più fertile è quello giornalistico. È al telegiornale, o leggendo un quotidiano, che troverete più spesso quei modi di dire sulla morte che praticamente non usa nessuno e che creano, talvolta, degli effetti comici. Ma vediamo quali sono gli eufemismi sulla morte della lingua italiana.

  • È deceduta/o
  • È scomparsa/o
  • Non ce l’ha fatta
  • È spirato
  • È passata/o a miglior vita
  • Ha esalato l’ultimo respiro
  • Si è spenta/o
  • È andata/o in un posto migliore
  • Se n’è andata/o
  • È volata/o in cielo
  • Ci ha lasciato/abbandonato
  • È mancata/o
  • È venuta/o a mancare
  • Non è più tra noi

Oltre a questi eufemismi sulla morte, ci sono altri modi di dire più colloquiali, a volte usato in toni scherzosi o per prefigurare situazioni pericolose che possono condurre alla morte:

  • Tirare le cuoia
  • Lasciarci la pelle/le penne
  • Schiattare, crepare (entrambe con connotazione spregiativa)
  • Andare all’altro mondo

Infine, ci sono modi di dire regionali molto coloriti, tipo:

  • Andare agli alberi pizzuti (cioè i cipressi, gli alberi che tradizionalmente si trovano nei cimiteri)
  • Stendere le gambe (questo modo di dire viene poi declinato nei vari dialetti)
  • Tiré i caussett (cioè “tirare i calzini”, usato in Piemonte)
  • Stirare le zampe

Perché usiamo questi eufemismi?

Come detto, usare gli eufemismi sulla morte non è un’abitudine solo italiana. Il motivo principale per cui non usiamo molto volentieri “è morta/o” è che questa espressione è ritenuta troppo diretta, a volte addirittura non opportuna.

Tuttavia, in molti sostengono che usare certi eufemismi, specialmente quando si parla della morte ai bambini, possa provocare dei fraintendimenti e dei sentimenti complicati da gestire.

Ad ogni modo, è un’abitudine ben radicata e che si trova addirittura nel Nuovo Testamento. Quando l’evangelista Paolo parla dei morti nella prima lettera ai Tessalonicesi, li chiama “ton koimomenon”, i dormienti. E del resto la parola cimitero viene dal greco “koimeterion”, cioè il luogo in cui si va a dormire. Ma queste espressioni hanno anche delle spiegazioni teologiche, perché secondo la teologia cristiana la morte altro non è che una condizione passeggera.

Gli eufemismi sulla morte in inglese

Anche la lingua inglese è ricca di questi modi di dire sulla morte:

  • They passed (away).
  • They slipped away. (È scivolata/o via)
  • They’re at rest. (È a riposo)
  • They were called back to God. (È stata/o chiamata/o da Dio)
  • They were called home. (È stata/o chiamata/o a casa)
  • They joined their ancestors. (Si è unita/a ai suoi antenati)
  • They passed beyond the veil. (È andata oltre il velo)
  • They’re at the pearly gates. (È ai cancelli perlati, cioè le porte del Paradiso)
  • They went west. (È andato a ovest – Pare che questo modo di dire risale alla Prima Guerra Mondiale)
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