Le 5 cose da sapere per lavorare a Berlino

Cosa bisogna sapere prima di trasferirsi in Germania per lavoro? Un’italiana a Berlino propone la sua lista di consigli.

Mi sono trasferita a Berlino nel 2011 e, a parte un’interruzione per un anno sabbatico, ho lavorato in questa splendida città per quasi 5 anni. Che cos’ho imparato, oltre al fatto che per sentirsi a proprio agio in Germania, bisognerebbe imparare il tedesco?

L’idea che mi ero fatta prima di partire (fondata sui soliti stereotipi che circolano in Italia) era quella di una società precisa e inflessibile, dove gli orari devono essere rispettati in modo maniacale e dove il comportamento da tenere in ufficio è codificato da rigide regole.

Mi sbagliavo, naturalmente: il mondo del lavoro tedesco è professionale e ben organizzato e ci sono alcuni dettagli piuttosto insoliti, per noi italiani, da tenere a mente… ma quello che mi ero immaginata era molto più vicino a un film che alla vita reale.

Ecco la mia lista delle cose che avrei voluto sapere prima di trasferirmi qui.

Rispettate il galateo: non interrompete MAI chi sta parlando

Certo, questo potrebbe sembrare un suggerimento piuttosto ovvio: interrompere chi sta parlando è maleducato e i nostri genitori ci hanno insegnato che non si fa.

In Germania, però, non è solo una questione di etichetta: la lingua tedesca è molto complicata e possiede una struttura completamente diversa dalla nostra. Ci sono molte lunghissime parole composte (che sembrano inventate sul momento) e, normalmente, il verbo viene posto alla fine della frase con i vari complementi inseriti in mezzo senza un ordine apparente (per noi che non parliamo bene la lingua). Questo significa che prima di esprimere un concetto, il tedesco deve avercelo più o meno chiaro in mente e deve sapere già quale verbo vorrà mettere alla fine della frase. Capite, quindi, perché per lui sarà drammatico venire interrotto nel bel mezzo del suo ragionamento? Non è una questione di rigidità mentale, anzi, è proprio un modo diverso di ragionare: noi italiani, abituati ai nostri tortuosi discorsi ad albero, certo non abbiamo questo problema.

La flessibilità prima di tutto

In Italia ho lavorato solo saltuariamente e non sono riuscita ad assimilare in modo completo le abitudini professionali dei miei connazionali. Tuttavia, quello che ho notato in modo abbastanza evidente è stata la tendenza a rimanere in ufficio il più possibile, come se scaldare la sedia e guardare lo schermo del computer senza nulla di preciso da fare fosse sinonimo di lavoro duro e indefesso. Non so voi, ma quando io mi sento costretta in un posto senza motivo, divento insofferente! Perché sprecare tempo?

In Germania, per fortuna, questa cosa l’hanno capita: naturalmente a tutti è richiesto di lavorare per le ore previste dal contratto, ma non vengono premiate le persone che timbrano il cartellino all’alba e se ne vanno di notte, bensì quelle che portano i risultati richiesti (anzi, per dire la verità, il concetto di “cartellino” neanche esiste in determinati ambienti). Questo significa che in molte aziende gli orari sono flessibili in modo tale da rispecchiare le esigenze dei dipendenti, che a volte possono lavorare da casa e gestire autonomamente il proprio tempo.

Pensate che sia rischioso? Vi sbagliate. La produttività è molto più alta.

Avere le carte in regola

Anche se la laurea in uno specifico campo non è un requisito indispensabile per svolgere un determinato lavoro, devo ammettere che i tedeschi sono piuttosto sensibili al prestigio e alla fama delle università e al peso delle lettere di referenze. Mai come in Germania, ho sentito definire la laurea in una “top university” come il dettaglio decisivo che ha contribuito alla scelta di un candidato piuttosto che di un altro oppure, al contrario, l’assenza di lettere di referenze come penalizzante ai fini della scelta finale. Questo non significa che le vostre capacità effettive non verranno apprezzate, anzi: nel momento in cui dovrete dimostrare la vostra bravura, non ci sarà spazio per atenei famosi o firme dell’ex datore di lavoro. Nel momento dell’assunzione, tuttavia, potreste risultare leggermente svantaggiati rispetto a un candidato con vari assi nella manica.

Non prendete questa considerazione come una verità assoluta, però: l’ambiente berlinese è così internazionale che questa abitudine probabilmente sta già scomparendo. Dopotutto, la mia esperienza e quella dei miei amici che lavorano qui provano che la tendenza è quella di dare a tutti la possibilità di dimostrare il proprio talento e di premiare chi si dimostra creativo e innovatore.

Non ci sono più le mezze stagioni

Come diceva il nostro collaboratore Federico, in Germania la temperatura non è il metodo universale per capire come ci si deve vestire. Il ragionamento tedesco è piuttosto lineare: se è inverno fa freddo, se è estate fa caldo e non c’è modo di trovare alcuna forma di compromesso. Questo ovviamente si riflette anche sulla vita d’ufficio: da novembre a marzo, le finestre si tengono rigorosamente blindate, anche se ci sono 30 gradi oppure avete tutti l’influenza e sarebbe il caso di far circolare un po’ di ossigeno. Al contrario, se a luglio – come capita frequentemente qui nel Nord dell’Europa – fa così freddo che vi serve l’impermeabile, sarete costantemente obbligati a sopportare ventilatori puntati sul collo e fastidiose correnti d’aria.

È proprio il caso di dirlo: la nostra percezione del freddo è completamente diversa.

Frutta, feste e caffè

I tedeschi danno moltissima importanza all’equilibrio tra la vita lavorativa e quella privata, come è giusto che sia e come dovrebbe essere normale in tutto il mondo. Per il benessere dei dipendenti, inoltre, nelle aziende vengono previste numerose attività e gli uffici sono pensati in modo tale da rendere piacevole il tempo che vi si trascorre: nell’ufficio dove mi trovo ora, c’è una sala relax, una stanza dove si può fare yoga oppure fare una partita a biliardino… e così via. Le aziende tedesche, inoltre, ci tengono molto a far sì che i loro dipendenti amino recarsi in ufficio e ci si sentano come a casa: per questo motivo, vengono offerti caffè, bibite di vario genere, frutta e, occasionalmente, vengono organizzate anche delle feste.

Anche se la tendenza si sta espandendo, ricordo durante i miei primi tempi in Germania, di come tutto ciò mi sembrasse stranissimo. Abituata ai 30 centesimi per la macchinetta del caffè, inizialmente avevo l’impressione di vivere in una specie di paese della cuccagna. Ora, dopo 6 anni, mi sono forse abituata troppo bene e non potrei concepire una vita d’ufficio senza tutti questi benefici.

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