Che cosa abbiamo imparato dai nostri insegnanti di lingua?

Che ricordo conserviamo dei nostri insegnanti di lingua? Qual è la lezione che abbiamo davvero imparato da loro?

Di tutti gli insegnanti che abbiamo avuto durante i lunghi anni scolastici, quanti ci sono rimasti impressi nella memoria? Pochi, vero? È normale: anche se tutti quanti hanno influenzato la nostra vita durante l’infanzia e l’adolescenza e ci hanno insegnato a leggere e scrivere, quelli di cui ancora parliamo con affetto si possono contare sulle dita di una mano.

Alcuni colleghi mi hanno raccontato dei professori che hanno lasciato il segno in modo sia positivo che negativo. Sono più gli insegnanti permissivi ad essere ricordati o piuttosto quelli “severi ma giusti”? Non vi resta che continuare a leggere per scoprirlo!

Gabriel di San Paolo (Brasile) e il suo insegnante di tedesco

Ho incontrato il mio insegnante preferito proprio qui a Berlino, poco dopo essermi trasferito da San Paolo. Stavo frequentando un corso di tedesco – ogni giorno dalle 17 alle 20 – e il professore era un signore sulla cinquantina con i capelli bianchi, vestito in modo casual e con una voce molto profonda che rendeva le sue parole difficili da capire. Come prima cosa, ci chiese di comporre una frase con la parola während (durante): avevo appena iniziato a parlare e lui aveva già capito che ero brasiliano!

Era bravo a capire gli accenti, a spiegare regole difficilissime agli alunni ma era anche uno straordinario musicista. Ci invitava ai suoi concerti e, in questo modo, non solo ci divertivamo un sacco ma avevamo anche l’opportunità di fare conversazione e di imparare qualche canzone tedesca. A volte stampava addirittura le parole delle canzoni per permetterci di seguire il testo. Infine, accettò anche di suonare per il mio compleanno e si occupò persino di trovare il posto adatto!

Lezione imparata: parlate con i vostri professori anche al di fuori della classe. Magari il vostro insegnante è il Tom Waits di Kreuzberg… chissà!

Kat di Potsdam (Germania) e la sua insegnante di francese

La mia professoressa di francese delle superiori non era il massimo: dava l’impressione di preferire lo spagnolo alla sua materia di insegnamento e sembrava provare risentimento per noi. Aveva anche la pessima abitudine di spettegolare sui suoi studenti ed era convinta che le regole grammaticali dovessero essere imparate a memoria. Non serve quindi aggiungere che detestavo il francese e non volevo averci nulla a che fare dopo la scuola. O, almeno, così pensavo.

Il mio interesse per la lingua si è ridestato quando ho iniziato a lavorare per un’azienda che contava moltissimi impiegati francesi. All’inizio ero un po’ frustrata perché non riuscivo a capire tutto quello che dicevano, specialmente quando i miei colleghi parlavano tra di loro molto velocemente. Quello che sentivo assomigliava a una lunghissima parola sinuosa e impossibile da comprendere. Invece di rinunciare, ho deciso che questa era l’occasione giusta per riprovarci e ho ricominciato a studiare con… gli audiolibri di Harry Potter!

Conosco la storia molto bene quindi, anche se non capivo tutte le parole, riuscivo comunque a seguire. In questo modo sono riuscita a migliorare la mia capacità di ascolto e, siccome adoro la saga del mago di Hogwarts, alla fine non l’ho mai sentito come un dovere.

Lezione imparata: a volte, il vostro insegnante migliore può essere un libro, un film o una canzone. Il divertimento (o comunque fare qualcosa che vi piace) vi aiuterà a scindere l’apprendimento dall’ambiente scolastico e darà i migliori risultati. Provare per credere!

Giulia di Venezia (Italia) e la sua insegnante di francese

Ho studiato il francese alle scuole medie come seconda lingua (la prima era l’inglese). Come mai ho scelto il francese? L’alternativa era il tedesco e tutti lo prediligevano perché permetteva di trovare un lavoro estivo in spiaggia (molti tedeschi vengono in vacanza al mare vicino a dove abito). Volevo essere controcorrente come al solito. Peggior decisione di sempre.

Non solo non ho mai fatto la stagione al mare a differenza di tutti i miei amici, ma mi sono davvero pentita della scelta quando, 15 anni dopo, mi sono trasferita a Berlino senza conoscere una parola di tedesco.

Ecco perché i bambini non dovrebbero prendere decisioni così importanti!

Comunque, per farla breve, il primo giorno di scuola mi sono trovata davanti la stessa professoressa di francese di mia mamma! Era vecchissima (scusa mamma! Mi scusi, professoressa!) e si ricordava benissimo che mia mamma, durante le lezioni, era piuttosto turbolenta e rideva degli strani suoni della lingua francese (come ad esempio quel particolare suono della “u” che in italiano non esiste). Sfortunatamente, avevo la stessa abitudine.

La mia fama mi precedeva e io non ho fatto altro che dare conferma alla professoressa della mia esuberanza.

Non serve neanche aggiungere che i tre anni successivi sono stati terribili: non sono mai riuscita a far cambiare idea alla mia insegnante (per lei sono sempre stata “quella ragazzina maleducata, figlia di quell’altra ragazzina maleducata) e mi sono limitata a imparare a memoria tutte le regole, giusto per prendere la sufficienza e superare l’esame di licenza. In seguito, ho completamente abbandonato il francese fino a dieci anni dopo, quando ho deciso di andare da sola a Parigi, imparando di più in due mesi (semplicemente parlando con le persone) che in tre anni di scuola.

Il mio consiglio: non concentratevi sulle regole. Studiatele per avere una base ma non focalizzatevi troppo, non abbiate paura di fare errori e… non scegliete mai la scuola che hanno frequentato anche i vostri genitori!

Ed di Wells (Inghilterra) e il suo insegnante di francese

Alle lezioni di francese delle scuole medie mi divertivo molto: il mio professore faceva un’entrata teatrale, saltava sulla pedana della cattedra e ci faceva cantare delle canzoncine in francese. Poi ci mostrava quindici immagini – sempre le stesse – e noi dovevamo recitare tutti assieme una frase – sempre la stessa.

Nonostante la pantomima, non sono riuscito a imparare niente di utile: le quindici frasi erano difficilissime da inserire in una conversazione e le canzoncine sono ben presto diventate imbarazzanti per una classe di adolescenti.

Il vero fallimento, tuttavia, era un altro. Con il passare del tempo, infatti, il francese è diventato per me qualcosa di estremamente estraneo e poco rilevante, sia dal punto di vista accademico che da quello culturale. Se le regole mi fossero state presentate in modo da darmi la possibilità di capirle e assorbirle, ad esempio, sicuramente gli anni di scuola sarebbero stati più produttivi. Se l’insegnante ci avesse parlato in francese e ci avesse trasmesso il bisogno di imparare, molto probabilmente avremmo compreso la rilevanza di una lingua straniera.

Cosa avrei voluto sapere all’epoca: mentre ero a scuola, non facevo altro che chiedermi quale fosse l’obiettivo senza trovare risposta. Il bisogno di imparare deve essere reale altrimenti non si riesce a concludere nulla.

Marion di Parigi (Francia) e il suo insegnante di tedesco

Vi ricordate “I dolori del giovane Wether”? Se avete letto il libro in italiano, sicuramente non siete riusciti a cogliere la sfumatura antiquata del tedesco parlato all’epoca di Goethe. Mentre io… beh, il tedesco l’ho imparato proprio così.

Immaginate un professore vecchio e privo di senso dell’umorismo, in grado di insegnare il tedesco a trenta ragazzini solo leggendo loro brani di un testo che neanche dei madrelingua capiscono fino in fondo: alla fine dell’anno potevo recitare a memoria la declinazione di un paio di verbi ma certamente non riuscivo ad inserire gli struggenti concetti del libro in normali conversazioni quotidiane!

A un certo punto, la classe ha deciso di “vendicarsi” di quell’insegnante così noioso: siccome il suo francese non era per niente buono e spesso ci chiedeva il significato delle parole, abbiamo iniziato a insegnargli delle parolacce, divertendoci moltissimo ad immaginarcelo mentre cercava di parlare con gli altri professori!

Che cosa direi oggi al mio professore? Insegnamento non è sinonimo di tortura: invece di utilizzare il povero Goethe, perché non trasmettere l’amore per le lingue attraverso la musica o libri più attuali? I classici si possono anche scoprire dopo, per piacere personale.

Cristina di Madrid (Spagna) e la sua insegnante di inglese

La mia insegnante di inglese non era ovviamente inglese. Dico “ovviamente” perché all’epoca i professori non erano quasi mai madrelingua e, purtroppo, insegnavano con un forte accento regionale e comunque mai nulla oltre alle solite strutture grammaticali.

Tutto è iniziato quando si è presentata: “JELOU (Hello), my name is Lola”.

Mhmm, ok Lola.

Per essere sincera – e per niente umile – il mio inglese era già parecchio buono. Talmente buono che riuscivo a capire le parole della sigla dei Flintstones e di Blossom. Ne ero molto orgogliosa!

Mentre tutto questo succedeva a casa mia, in classe ci stavano insegnando i colori e il past tense per la decima volta. Non ho mai studiato perché tutti i compiti erano esercizi di completamento e nient’altro. Questa professoressa, Lola, aveva capito che il mio inglese era buono e, di conseguenza, non mi incoraggiava a fare di più. Per me era solo un problema in meno. Quando ci riportava i compiti corretti, proclamava i voti a voce alta e quando toccava a me diceva sempre “Cristina, muy bien, ma lo so che non ti stai impegnando”.

Che consiglio darei alla me stessa tredicenne? Se sei brava a fare qualcosa, non lasciare che un’insegnante demotivata ti trattenga. Puoi sempre migliorare e non è mai troppo tardi per farlo, quindi per favore, non essere pigra come la tua professoressa!

John-Erik di Los Angeles (USA) e la sua insegnante di spagnolo

Quando ho iniziato a studiare lo spagnolo ero in terza media ed ero determinato a fare meno fatica possibile. La scuola era già abbastanza difficile e certo non avevo bisogno di un’altra materia. La professoressa sembrava una strega a parte la pelle verde e il cappello a punta, prendeva in giro gli studenti, urlava e tutti erano terrorizzati.

Devo ammettere che però è stata l’insegnante più brava che io abbia mai avuto. Aveva un metodo molto semplice: parlava solo spagnolo con gli studenti e prendeva in giro senza scrupoli chi non capiva.

È stato l’ambiente formativo più stressante che abbia mai frequentato, però devo dire che tutta la tensione mi ha incoraggiato a migliorare: ho sempre fatto tutti i compiti e avevo addirittura trovato un vicino di casa con il quale facevo conversazione ogni domenica perché ero terrorizzato dall’idea di essere denigrato in pubblico dalla professoressa.

L’ho odiata, su questo non ci piove, ma è stato grazie a lei se sono riuscito a fare qualcosa in più del minimo indispensabile.

Che consiglio darei al me stesso adolescente? Per vedere dei risultati, devi prendere lo studio seriamente. Ricordati inoltre che è possibile fare progressi anche senza farsi motivare solo dalla paura.

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